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Il volume analizza la nascita e la nazionalizzazione dei miti e degli stereotipi che sono stati le colonne portanti delle autorappresentazioni nazionali, sopravvissute a spartizioni, crolli di imperi, nascite e cadute di regimi. Ma soprattutto tenta di scrivere le cosiddette "pagine bianche", un tabù del periodo comunista e dello strapotere da parte di quei partiti per documentare le repressioni violente, gli atti di ribellione al regime, le misure adottate contro le organizzazioni ecclesiastiche, i gulag. Polonia, Serbia, Ungheria, Romania, la Repubblica Ceca e quella Slovena: dopo decenni di governi più o meno oppressivi e di censura più o meno paralizzante, gruppi di storici provano a ripensare la storia nazionale.